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Il prossimo 9 maggio 2018 entrerà in vigore D.Lgs. 15 dicembre 2017, n. 231, (G.U. 8 febbraio 2018) recante la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori e l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del medesimo regolamento e della direttiva 2011/91/UE, ai sensi di quanto già disposto dalla Legge di delegazione europea 2015.

Nuove sanzioni per chi fornisce informazioni errate in etichetta
Il testo normativo non è solo un elenco di sanzioni e importi (alla cui consultazione si rimanda per eventuali approfondimenti), ma si presenta interessante riguardo

  1. la disciplina del soggetto responsabile;
  2. le pratiche leali di informazione;
  3. le discipline particolari.

Con precipuo riferimento al procedimento sanzionatorio il decreto, che sostituisce e abroga il D. Lgs 109/92 (eccetto l’obbligo di citazione della sede di stabilimento, di produzione, o di confezionamento se diverso, per prodotti e alimenti venduti in Italia), non tocca le sanzioni specifiche per violazioni del regolamento sulle indicazioni nutrizionali e sulla salute (Nutrition & Health Claims) e la validità del Decreto legislativo n. 206 del 6 settembre 2005 (Codice del consumo), che rimane ferma, come rimane ferma la competenza dell’AGCM. Viene invece integrato e precisato il Regolamento 1169/11 e fatto espresso richiamo alla Legge n. 689/1981.

Dato il rimando alla L 689/1981 cit, fornire “informazioni sbagliate” sulle etichette di prodotti alimenti configura un illecito di natura amministrativa, cui consegue l’irrogazione di una sanzione pecuniaria (rif. Articoli da 3 a 16). Tale previsione, che si rifà integralmente il contenuto della legge delega, non ha mancato di suscitare critiche, in particolare perché, è stato osservato, la sanzione pecuniaria sarebbe prevista anche nel caso in cui la violazione abbia conseguenze sulla salute delle persone, ciò in quanto si “tratterebbe di violazioni nei confronti di una massa indistinta di consumatori e non di singoli soggetti.” (cit.)

Dunque nessun reato e nessuna sanzione penale nel decreto? Non esattamente. La normativa fa infatti salva, e necessariamente, l’eventualità che il fatto costituisca ipotesi più grave (cd riserva di legge): qualora nella fattispecie particolare sia ravvisabile un reato (art 515, 516 e 517 cp), detto reato non potrà che essere sanzionato di conseguenza.

“Sempre che il fatto non costituisca reato”.

A tale proposito è opportuno che gli operatori del settore prestino particolare attenzione al rispetto delle previsioni normative di settore e del D Lgs 231/2017, per evitare di incorrere in errori e di ritrovarsi a dovere fare i conti illeciti sanzionabili penalmente. Si pensi, per esempio, all’art. 515 cp, che punisce la cd. frode in commercio. Tale fattispecie ricorre quando un operatore mette in vendita un  prodotto (o servizio) obiettivamente diverso, e di minor valore, rispetto a quello promesso (in termini civilistici si parla del cd. “aliud pro alio”). Un esempio classico di frode in commercio è la vendita di prodotti contraffatti.

Frode in commercio può tuttavia aversi anche in situazioni “atipiche”. Per tale ragione non è escluso che tale delitto possa ravvisarsi anche

  • nell’incompleta/omessa indicazione di ingredienti nella lista ingredienti. Secondo il regolamento l’incompletezza della lista degli ingredienti costituisce una violazione amministrativa specifica: qualora tuttavia l’omissione è diretta ad attribuire al prodotto un valore superiore rispetto a quello effettivo in termini assoluti e/o anche comparativi e/o anche attraverso l’utilizzo di false dichiarazioni del tipo ‘free from…’, ciò ben potrebbe costituire illecito penale. Particolarmente grave dovrebbe poi ritenersi (cfr Dongo) l’incompletezza della lista degli ingredienti in ordine alla mancata citazione della presenza di allergenici (fino, addirittura, a ritenere configurabile, secondo alcuni interpreti, l’ipotesi di lesioni o omicidio colposo laddove da tale omissione derivino reazioni patologiche avverse per particolari categorie di consumatori vulnerabili). Del resto che la materia degli allergeni sia particolarmente sentita e sensibile lo si può desumere anche dal fatto che, mentre la mancata apposizione delle altre informazioni obbligatorie comporta una sanzione da € 3.000 a € 24.000, quella relativa alla mancata apposizione delle indicazioni relative alla presenza di allergeni vanno da € 5.000 a € 40.000 (art 5);
  • nella citazione in etichetta di ingredienti diversi da quelli utilizzati. In questo caso l’illecito potrebbe sussistere ogni volta che il valore percepito dell’ingrediente falsamente riportato in etichetta sia maggiore di quello delle diverse materie prime impiegate (cit). Analogo discorso per la mancata o mendace dichiarazione della quantità di un ingrediente caratterizzante (perché si configuri illecito penale si ritiene che vi debba essere quantomeno un’intenzione effettiva di frodare il consumatore offrendogli una merce di valore oggettivamente inferiore), per la variazione dell’ordine ponderale della lista ingredienti (se da ciò deriva una falsa rappresentazione di maggior pregio della composizione dell’alimento.) e per la mancata/non corretta indicazione dell’origine o provenienza del bene. Qualità e quantità, insieme ad origine e provenienza, sono infatti due dei parametri presi in considerazione dal legislatore penale in riferimento alle caratteristiche tipiche essenziali del bene stesso.
  • Frode in commercio può ravvisarsi anche nella vendita di alimenti che non rispondono – per composizione e modalità di preparazione, caratteristiche chimico-fisiche o proprietà organolettiche – ai criteri definiti da apposite normative (europee o nazionali) per l’impiego della denominazione legale invece utilizzata (es: miscela di oli d’oliva vergini e raffinati venduti come extra-vergini, oppure di prodotti (da forno, salumi etc) non rispondenti ai requisiti dei decreti interministeriali di riferimento).

Alla luce di tali interpretazioni ne consegue che la previsione contenuta in decreto di una sanzione specifica per una determinata fattispecie potrebbe non essere di per sé sufficiente a scongiurare la possibilità di una contestazione di tipo penalistico, laddove nella condotta dell’agente siano ravvisabili gli elementi soggettivi e/o oggettivi di un illecito penalmente rilevante.

Se il decreto sanzioni verrà interpretato in modo più o meno rigoroso o restrittivo è cosa che si vedrà nella prassi. Nel frattempo sempre raccomandabile la massima attenzione al rispetto della normativa e alle sue prescrizioni.

Riferimenti normativi

Decreto legislativo n. 231/2017
Reg. Europeo 1169/11
Codice del consumo (decreto legislativo n.206 del 6 sett 2005)
Legge 689/1981

Maddalena Lazzati

Avvocato dal 2004, si occupa di diritto civile e di servizi di consulenza per privati, piccoli imprenditori e liberi professionisti. E’ affascinata dal diritto alimentare e dalle infinite sfumature e variabili di un settore, come quello del Food, in continuo e costante cambiamento.

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